lunedì 2 novembre 2015

Di eroismo e altre tecniche di sopravvivenza.


Oggi poteva esser una bellissima giornata di autunno inoltrato, con tutte le foglie che volteggiavano nel vento, il piacere di aver un cappotto addosso, poter rintanare il naso nella sciarpa e sentire i capelli che si arruffano mossi dalla brezza.
E invece no. Esco di casa per andare a lavoro, e mentre sto aprendo la portiera della macchina , dal passo incerto si avvicina una signora accompagnata da una sua coetanea. Aspetto a aprire la portiera, per darle precedenza sul marciapiede. Lei mi guarda e sbuffa con la sua amica.

"questi giovani sono senza futuro, senza voglia di fare, non hanno nulla a cui tengono!"

Dire che a questi punti la sportellata nei reni se la sarebbe pure meritata, è superfluo. Ormai è un pensiero comune che accomuna gli individui deambulanti over 65. 
Lavoro al pubblico e il mio pubblico è per a maggior parte geriatrico, quindi questi discorsi li sento spesso, anche verso di me.
Ma quello che non tollero è la maleducazione con cui lo fanno.
La mamma  mi ha insegnato che non si parla male delle persone, e ancora di più non si parla male della persona che hai davanti. E ancora peggio di quelle che non conosci.
Quindi, io ti sto facendo passare, vecchietta, in modo che tu possa continuare la tua passeggiata senza intoppi perché essendo anziana hai più difficoltà te.
Ma tu dalla tua parte, hai aperto bocca appositamente perché ero lì, volendo dir la tua.
Ultimamente è sempre più difficile dialogare, soprattutto  se ci sono questi presupposti. In macchina allora l'illuminazione.
Si, siamo giovani senza futuro, un futuro che non ci avete mai dato, avete avuto il vostro presente e l'avete sfruttato al massimo, per poi lasciare a noi le briciole.
Siamo additati come viziati, come la generazione che ha avuto tutto e che ha goduto el benessere egli anni '90, ci rinfacciate la possibilità di studio, di carriera. Ci rinfacciate i sacrifici che avete fatto per farci studiare ma poi sclerate alle poste, alla coop, ovunque se i vostri nipoti non trovano lavoro.
Ma cosa credete, che la laurea o il diploma sia gratis?
Il lavoro è un diritto di cui tutti dovremmo giovarne e invece siamo continuamente additati come perditempo, viziati e svogliati.
La generazione dei miei nonni ha subito del post guerra e degli anni di piombo (i miei nonni sono del 1943 e 1947), ma anche della ripresa e dell'espansione economica tessile. I miei genitori (1962/1966) anche loro hanno sempre lavorato, finita la terza media chi in fabbrica, chi in ospedale hanno trovato lavoro.
Io? io, classe 1986, Istituto d'Arte, Conservatorio, Accademia di belle Arti, Università.. NULLA.
Cosa ci rimane? Il bisogno di affermarsi. Quindi con le unghie e con i denti si va avanti, difendendo la propria idea,  ormai non le sentiamo più quelle voci che ci dicono che noi giovani siamo viziati.
Ma ogni tanto ce ne arriva una, e fa tanto male..
A voi vecchietti che ci mettete la cattiveria in tutto questo, a voi non vi giustifico con il caro vecchio evabbè tanto chai una certa e non sai cosa dici.
Perchè quelli che lo dicono non sono quelli con una pensione misera che arrancano per far entrare tutte le spese, quelli con 350/400 euro di pensione. Son quelli con la pensione cicciona che lo pensano.
Ho clienti che millantano di aver lavorato giorno e notte con almeno tre figlioli da crescere. Bravi, vi avrei voluto vedere (ci credo poco), poi grazie di averci lasciato le briciole.
Conosco tanti anziani che hanno veramente dato l'esempio della dignità del lavoro, quelli che hanno lavorato per poche lire e che si toglievano il pane di bocca per darlo ai figli.
Sono persone meravigliose, gentili, che passano anche solo per un saluto.
Il mio lavoro ha bisogno di un ricambio generazionale, perché incagliato in una tecnica sartoriale vetusta e decisamente da confezione, non creativa.
Sarà malvagio dirlo, ma io davvero spero in questo cambio generazionale. Se ne usciamo siamo più che eroi, se riusciamo a toglier il piede dalla fossa ne potremo esser fieri.
Siate meno egoisti, e cercate i ricordarvi di quanti sacrifici avete fatto davvero,ma soprattutto, di come si stava.

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